Il cerbiatto e il cervo

Nel sottobosco, di una rigogliosa foresta, era arrivata la primavera e tutti gli animali uscivano dalle loro tane. 

Mamma cervo uscì dalla tana, stiracchiò le sue zampe e si mise al sole.

L’inverno era stato molto freddo e lungo e il tiepido sole di quel mattino riscaldava il suo corpo.

Mamma cervo era felice, ancora qualche giorno e avrebbe dato alla luce il suo primo cucciolo.

Si sdraiò sotto una grande quercia e attese l’evento.

Ogni tanto babbo cervo si avvicinava per confortarla e portarle il cibo.

Passavano i giorni e la foresta si riempiva di nuovi suoni e colori, ma soprattutto di nuovi cuccioli appena nati.

Finalmente giunse il giorno tanto atteso, anche mamma cervo diede alla luce un bellissimo cerbiatto dal manto scuro con delle macchioline bianche.

Il piccolo era forte, vivace, si drizzò in piedi e ancora traballante mosse i suoi primi passi.

Dopo qualche giorno era già in grado di saltellare e corre tra il verde della foresta.

Il cerbiatto trascorreva le sue giornate a giocare con i suoi piccoli amici.

La mamma lo guardava felice, fiera del suo bellissimo cucciolo.

Dall’alto della rupe papà cervo controllava la sua famigliola.

Il babbo era molto bello, grande, forte con delle lunghissime corna che tutti gli altri animali invidiavano.

Il cucciolo guardava estasiato la bellezza del grande cervo e non capiva perché lui non aveva le corna.

Chiese spiegazioni alla madre.

-Quando sarai più grande e forte anche tu avrai delle magnifiche e lunghissime carna, ora è ancora presto sei solo un cucciolo.- Gli spiegò la mamma.

In attesa di quel giorno, il cerbiatto iniziò a seguire il babbo, osservando con ammirazione tutto ciò che faceva cercando di imitarlo in ogni cosa.

Padre e figlio erano inseparabili spesso si allontanavano dal sottobosco e si spingevano sempre più lontano, ma quel giorno mentre brucavano, tranquilli le foglie dei cespugli più bassi, udirono un possente ruggito squarciare il silenzio della foresta.

Era un leone!

Il babbo immobilizzato rizzò le orecchie e rimase in attento ascolto.

Dopo poco si udì nuovamente tuonare il ruggito del leone, ora era più vicino.

Il cerbiatto terrorizzato alzò lo sguardo verso il babbo e, con grande stupore, scoprì che questi tremava come un ramoscello al vento.

Oh, il suo grande e forte papà aveva paura!

Com’ era possibile!

Il cucciolo non si dava pace, forse c’era una spiegazione e mentre cercava di chiedere il motivo di tanto tremore, udì il grande cervo gridare:” Corri, corri, corri più veloce che puoi.”

Il cervo si lanciò in una velocissima fuga.

Il cucciolo, con le lacrime agli occhi per la vergogna e la delusione lo seguì.

Il babbo non era così coraggioso come lui pensava.

Quando furono abbastanza lontani e al sicuro si fermarono.

Il cerbiatto piangeva sconsolato.

Il  grande cervo si avvicinò e con voce dolce disse: “Piccolo mio, tu ti vergogni della mia paura, pensi che io non sia abbastanza forte, ma io dovevo pensare di salvare le nostre vite, soprattutto salvare te.

La mia paura ci ha salvato.

Il leone non avrebbe avuto alcuna esitazione ci avrebbe sicuramente sbranato se, non ci fossimo allontanati in gran velocità.

A volte bisogna riconoscere chi è più forte di noi, dimenticare il proprio orgoglio e sapersi arrendere.

Nella vita bisogna capire quando è il momento di allontanarsi dalle persone più forti e prepotenti, e riconoscere che alcune sfide sono inutili e violente.

La propria vita e quella dei nostri cari sono la cosa più preziosa.

Questo significa diventare adulti e saggi.”

A quelle parole il cerbiatto si tranquillizzò.

L’ammirazione e il rispetto per il babbo diventavano sempre più grandi.

Il cerbiatto capì che rischiando di perdere la sua stima e per salvargli la vita, il babbo non aveva esitato di mostrare la sua paura.

Questo era il vero coraggio.

IL cucciolo aveva ancora molto da imparare, ma con l’aiuto del babbo anche lui sarebbe diventato un grande cervo.

Favola di Esopo (Scrittore nell’antica Grecia, 620 a.C. circa – Delfi, 564 a.C.)

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