Giacomino e il fagiolo magico 

In un paesino ai piedi della montagna, nella misera casetta di pietra, vivevano Giacomino e la sua mamma.

La mamma lavorava tutto il giorno, lavava e rammendava i vestiti della famiglia del signorotto del paese, ma i soldi che le davano, bastavano a mala pena per comprare il cibo.

Nella stalla avevano una mucca, ogni giorno dava del latte che vendevano al mercato e questo gli permetteva di campare.

Passava il tempo e la mucca invecchiava e la produzione del latte era sempre più scarsa.

Allora la mamma di Giacomino, a malincuore, pensò di vendere l’animale.

La mamma chiamò Giacomino :” Ti affido la mucca , vai al mercato e vendila. Mi raccomando non fermarti a gironzolare e non perdere i soldi, né abbiamo tanto bisogno.”

Giacomino si avviò, giunto al mercato cercò in ogni modo di vendere la sua mucca, ma nessuno voleva comprare quella povera vecchia e scarna bestia.

Sconsolato il ragazzo decise di tornare a casa quando, tra le bancarelle uscì uno strano vecchietto che propose al giovane di scambiare la sua mucca con un pugno di fagioli magici.

Giacomino non riusciva a decidersi, non sapeva cosa fare “ la mamma non sarà contenta” pensò.

 Pensa e ripensa alla fine accettò.

Giunse a casa, la madre in un pianto sconsolato disse: ” Non avrei dovuto fidarmi di te, fagioli magici figurati ti sei fatto imbrogliare”  afferrò i fagioli e li fece volare fuori dalla finestra.

Di buon mattino  Giacomino si alzò e spalancando la finestra,  vide che nel punto in cui erano stati gettati i fagioli era spuntata una pianta di fagiolo gigantesca: non se ne vedeva la cima.

Curioso com’era , vi si arrampicò e, quando giunse sopra le nuvole, vide un castello.

Meravigliato si guardò attorno, il castello era la dimora di un orco e di sua moglie , l’orchessa.

Tutti conoscevano la fama di quel violento e cattivo omone che amava mangiare i giovani fanciulli.

Giacomino ,piano piano entrò, l’enorme e buia stanza sembrava deserta, ma…  dalla penombra apparve una donna alta, grande e grossa  grossa , era l’orchessa, la moglie dell’orco cattivo.

La donona con voce esile e dal modo gentile fece entrare il ragazzo. L’orchessa provò subito simpatia per Giacomino così quando sentì rientrare il marito, nascose il ragazzo nel forno.

L’orco era affamato, se si fosse accorto del giovinetto, subito l’avrebbe mangiato.

Fortunatamente non fu così perché Giacomino rimase fermo immobile, trattenendo il respiro, nel suo nascondiglio.

L’orco, dopo cena, mentre contava una grande quantità di monete d’oro, si addormentò.

Approfittando del fatto che l’orchessa era andata ad accudire le galline, Giacomino uscì dal forno, riempì un sacchetto di monete, tornò svelto alla pianta di fagiolo e, piano piano, senza far rumore scese verso casa.

Con quelle monete, madre e figlio vissero finalmente senza problemi, almeno per un bel po’.

Ma anche se erano tante, le monete finirono.

Perciò Giacomino tornò alla casa dell’orco e si nascose.

Vide l’omone accarezzare una gallina e, meraviglia, la gallina deporre un uovo tutto d’oro.

E anche questa volta, non appena l’orco prese a russare, Giacomino afferrò la gallina e, tenendola ben stretta, salì sulla torre del castello, balzò sulla cima della pianta e si calò giù.

Grazie alle uova d’oro, Giacomino fece costruire un grande e lussuosa casa  dove andò ad abitare con la madre.

In quella casa, tutti potevano entrare, soprattutto i più poveri, avrebbero trova un caldo letto e tanto cibo.  Giacomino era buono e generoso e non dimenticava i tempi difficili della sua povertà.

Tutto sembrava andare per il meglio, i tempi difficili erano passati, ma non era così.

La mamma di Giacomino si ammalò, non mangiava , era sempre triste e sembrava non le importasse più di vivere.

Molti medici furono chiamati per visitarla, ma nessuno riusciva a capire quale fosse il male che affliggeva la povera donna.

Giorno dopo giorno diventava sempre più magra, deperiva, chiusa in una profonda malinconia.

Giacomino invitò, nella sua casa, clown e giullari perché, con i loro giochi, e con i loro scherzi, riportassero il sorriso e l’allegria alla cara mamma. Ma non ci fu nulla da fare.

Giacomino non sapeva cosa fare, perciò decise di tornare nel castello dell’orco, forse in quel luogo magico avrebbe trovato un rimedio.

Si arrampicò di nuovo sul fagiolo, raggiunse il castello e qui, senza farsi scorgere da nessuno, si rifugiò dentro ad un armadio e attese, sicuramente qualche cosa sarebbe successa.

Il ragazzo non dovette attendere molto. Si udirono dei forti rumori, l’orco con suoi passi pesanti, faceva tremare tutto il castello.

Come sempre, l’omone cenò, poi, da un baule prese un’arpa magica.

Lo strumento iniziò, da solo, a suonare una dolce melodia.

A quelle dolci note, l’orco sorridendo si addormentò.

Giacomino, balzò fuori dall’armadio, prese l’arpa e fuggì verso il fagiolo per ridiscendere a terra ma questa volta non fu abbastanza silenzioso, infatti inciampò su una sedia e il chiasso provocato svegliò l’orco.

L’orco inseguì il ragazzo, era una buona preda lo avrebbe mangiato in un sol boccone.

Giacomino, con l’orco sempre più vicino, raggiunse  la pianta di fagiolo e, con il fiatone e il cuore che gli batteva forte, forte cominciò a scendere lasciandosi scivolare verso il basso.

L’arpa scivolò dalla sua mano e cadde a terra, dal colpo si mise a suonare una nuova melodia, ancora più dolce.

Come per magia la madre di Giacomino si alzò dalla sedia e  sorridendo andò incontro al figlio e lo abbracciò. Grazie a quel suono era guarita.

Giacomino era tanto felice, ma si accorse che dai rami più bassi della pianta di fagiolo spuntavano gli stivali dell’orco.

L’omone era arrabbiatissimo, quel ragazzo aveva rubato la sua arpa magica e si era preso gioco di lui, doveva essere punito. 

Giacomino non esitò, corse a prendere una scure, e colpì con tutta la sua forza la pianta di  fagiolo.

La pianta cedde, trascinando l’orco in un burrone e come per magia sparirono l’orchessa e il castello.

Da quel giorno Giacomino e la madre vissero felice e contenti, senza più privazioni.

Autore ignoto. Resa popolare dalla raccolta di favole di Joseph Jacobs

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